"Ubi ergo Petrus, ibi ecclesia; ubi ecclesia, ibi nulla mors, sed vita eterna".
“Onde está Pedro, aí está a Igreja; onde está a Igreja aí não há morte, mas a vida eterna”.
Santo Ambrósio, Enarrationes in XII Psalmos davidicos; PL 14, 1082

domingo, 18 de maio de 2008

A revanche do Cardeal Siri assinada por Bento

La rivincita di Siri porta la firma di Benedetto
Da Genova
Giacomo Galeazzi*

La visita genovese di Benedetto XVI nel segno del Cardinale Giuseppe Siri (quattro Conclavi, quarant'anni di episcopato alla guida del capoluogo ligure) sulla cui tomba il Pontefice ha voluto sostare in preghiera e sul cui trono ha voluto significativamente sedere in Cattedrale durante il discorso ai religiosi e alle persone di vita consacrata.
Intanto, dalla Superba al Vaticano, la Santa Sede parla sempre più genovese. Benedetto XVI ha scelto come Maestro delle Celebrazioni Liturgiche, Monsignor Guido Marini, dell'arcidiocesi di Genova. E' lui ad affiancare il Pontefice nelle funzioni religiose e a realizzare sull'altare la ‘correzione di rotta’ di Joseph Ratzinger per ripristinare una liturgia più legata alla tradizione rispetto a quella abbastanza creativa e innovatrice di Giovanni Paolo II anche, e soprattutto, nei viaggi internazionali. Ordinato sacerdote dal Cardinale Siri, Monsignor Guido Marini è l'ultimo degli allievi dello storico Arcivescovo ad essere stato nominato in un posto-chiave d'Oltretevere negli ultimi mesi.
Altri discepoli di Siri, come l'Arcivescovo Angelo Bagnasco (presidente della Cei), il vescovo Mauro Piacenza (segretario della congregazione per il Clero) e l'Arcivescovo Domenico Calcagno (segretario dell'Apsa, il dicastero che amministra il patrimonio della Santa Sede) sono stati chiamati ad assumere le massime responsabilità nella Curia romana. Inoltre, si è trasferito a Roma (passando da Genova alla Conferenza episcopale), don Nicolò Anselmi, nuovo responsabile del servizio nazionale per la pastorale giovanile, ex direttore dell'ufficio diocesano del capoluogo ligure e incaricato regionale della Liguria per la pastorale giovanile. Un ‘exploit’ senza precedenti per l’ultima diocesi guidata dal segretario di Stato, Tarcisio Bertone, arcivescovo di Genova fino alla chiamata a Roma come primo collaboratore di Benedetto XVI. Di Bertone, Monsignor Marini è stato anche segretario particolare e responsabile diocesano delle celebrazioni liturgiche, curando la redazione dei libretti liturgici e costituendo il ‘Collegium Laurentianum’, associazione di volontari per il servizio d'ordine e d'accoglienza della Cattedrale. E la Lanterna splende anche nell'episcopato: da lì sono usciti i presuli di Chiavari (Alberto Tanasini), Tortona (Martino Canessa) e Imperia-Albenga (Mario Oliveri). “Con Benedetto XVI, Genova è diventata la diocesi più importante d'Italia - osserva don Gianni Baget Bozzo, anch'egli pupillo del Cardinale Siri -. Il Cardinale Bertone puntella la Santa Sede coi suoi "pretoriani" e Genova è il vivaio dei principali incarichi curiali. Prima il clero genovese era penalizzato nella carriera perché "siriano", ora con Bertone e Ratzinger gli stessi ecclesiastici vengono valorizzati proprio perché forgiati da Siri». Dai sessantenni Bagnasco e Calcagno ai quarantenni Marini e Anselmi, il profilo rimane lo stesso.“Assoluta ortodossia cattolica, fedeltà alla Chiesa tradizionale, fedeltà alle istituzioni ecclesiastiche, omogeneità e obbedienza alla Santa Sede - spiega Baget Bozzo - Hanno i riferimenti non nel mondo culturale e civile, ma tutti interni alla Chiesa. Siri li ha formati come sacerdoti obbedienti al vescovo, e adesso questa scuola apprezzata da Joseph Ratzinger è il massimo punto di riferimento per le nomine più importanti”. Quell'impostazione tradizionale che prima, per le carriere ecclesiastiche, era il ‘punto di debolezza nella Curia modernizzatrice di Wojtyla’, è diventata un ‘formidabile trampolino di lancio nel Vaticano "tradizionale" di Benedetto XVI’. All'origine, l'altissimo esempio del Cardinale Siri, che introdusse a Genova i cappellani di fabbrica nelle aziende più importanti: il porto, l'Ansaldo, la Marconi, l'Italsider. La sua intuizione gli valse applausi da parte di molti vescovi italiani e stranieri. Il grande e indimenticabile porporato ebbe sempre un’attenzione forte per il seminario, che visitava fedelmente tutti i mercoledì pomeriggio, dialogando varie ore con i superiori e con tutti i seminaristi che desiderassero parlare con lui. Ogni settimana, a turno, si incontrava con una classe.Accolse nel seminario di Genova molti seminaristi "tradizionalisti", che, altrimenti, sarebbero usciti dalla Chiesa cattolica, e ordinò vari di loro tra lo scontento di parte del clero genovese. Di fatto, molti di costoro lasciarono la diocesi di Genova dopo la rinuncia di Siri alla sede episcopale. Siri appoggiò anche con tutte le forze la permanenza nella Chiesa cattolica di presbiteri di tendenze lefebrviane, che vedevano in lui un sicuro punto di riferimento. Precorrendo i tempi attuali, che vedono un ritorno progressivo dei sacerdoti ad una "pubblica visibilità", il Cardinale Siri esigeva che i preti vestissero l'abito talare e considerava l'abbandono di esso come un segno di infedeltà al ministero.
Al Concilio Vaticano II lottò affinché prevalesse una linea il più possibile fedele alla Tradizione contro la deriva della civiltà moderna. Per ben quattro volte, nel 1958, nel 1963 e nei due Conclavi del 1978, Siri fu uno dei favoriti per diventare Papa ma in tutti i casi i Cardinali dell'Europa Orientale gli fecero mancare il loro appoggio, preoccupati per le persecuzioni che i fedeli cattolici avrebbero continuato a subire, con rinnovata ferocia, negli stati soggetti al regime comunista. Siri, infatti, era schietto ed impulsivo, e non lesinava coraggiose critiche alla propensione di una parte della gerarchia ecclesiastica del suo tempo di subire il fascino del marxismo. Ovviamente, ciò non accrebbe i consensi verso di lui. Ma ciò che maggiormente nocque alla sua elevazione al Soglio Pontificio fu, probabilmente, il fatto che egli, in quanto uomo di riconosciute capacità direttive, avrebbe perpetuato la gestione fortemente accentratrice di Pio XII, invisa a molti Cardinali. Anche nei due Conclavi svoltisi nel 1978 dopo la morte di Paolo VI, dunque, Giuseppe Siri fu considerato papabile, ma la sua candidatura fu battuta prima da quella di Luciani, e poi da quella del polacco Wojtyla. Secondo un sacerdote vietnamita, padre Khoat, Giuseppe Siri sarebbe stato legittimamente eletto Papa il 26 ottobre del 1958 nel Conclave successivo alla morte di Pio XII. Le tesi di Khoat si basano sul fatto che, durante il Conclave del 1958, la sera del 26 ottobre, del fumo bianco si levò ininterrotamente per cinque minuti dal camino della Cappella Sistina, indicando che il nuovo Pontefidce era stato eletto, aveva accettato la nomina e aveva scelto il nome. Sempre secondo Khoat, Siri avrebbe assunto il nome di Gregorio XVII. Quello stesso giorno, alle 18.00, la notizia venne annunciata con gioia dalla Radio Vaticana. Padre Pellegrino, speaker dell’emittente d’Oltretevere, disse: "Il fumo è bianco, non c'è alcun dubbio. Il Papa è stato eletto". Fu ordinato alle guardie svizzere di uscire dalla caserma e di prendere posizione per l'imminente apparizione del Papa alla loggia delle benedizioni. Nonostante la folla in trepidante attesa in Piazza San Pietro, la finestra della loggia centrale della basilica non si aprì. Il principe Sigismondo Chigi, maresciallo del Conclave, telefonò allora al segretario del Conclave, monsignor Santoro, che era all'interno, per chiedergli in che modo dovesse essere interpretata la fumata. Santoro diede ordine al principe di notificare che "il fumo era bianco". Padre Pellegrino, mezz'ora dopo, ai microfoni della Radio Vaticana, commentò: "Non è possibile rimuovere l'impressione del fumo bianco in 300.000 persone, la causa dell'errore deve essere ricercata altrove". Alcuni minuti dopo la fumata divenne nera. Secondo alcune indiscrezioni, Siri era stato eletto Papa al quarto ballottaggio del 26 ottobre, primo giorno di Conclave, elezione a cui seguì una violenta protesta da parte dei Cardinali riformatori, che si alzarono in piedi minacciando di voler costituire una Chiesa scismatica se l'elezione di Siri fosse stata annunciata pubblicamente. Siri, allora, avrebbe replicato: "Se non mi volete, eleggete un altro". Tale dichiarazione fu accolta come una volontà di abdicazione. Tuttavia, secondo il diritto canonico, l'abdicazione valida del Pontefice deve essere un atto libero. Di conseguenza, le dimissioni forzate dovrebbero essere considerate nulle. La notizia dell'elevazione al papato di Siri, corredata da un'ampia documentazione, venne inserita in un dossier compilato dal Federal Bureau of Investigation il 10 aprile 1961, dossier rimasto segreto fino al 1994. Il primo a leggere quel dossier fu Paul Williams, ex consulente dell'FBI, che pubblicò un fascicolo intitolato "The Vatican Exposed", nel quale documentava di aver esaminato alcuni rapporti dell'FBI che confermavano la notizia secondo la quale l'intelligence USA era al corrente che Siri era stato eletto Papa il 26 ottobre 1958 e che aveva assunto il nome di Gregorio XVII. Secondo questo rapporto, Siri venne legittimamente eletto Papa, accettò la nomina e scelse il nome, ma i Cardinali dell'Europa dell'Est imposero a Siri di rinunciare al papato in quanto la sua elezione "avrebbe causato gravi disordini e l'assassinio di diversi vescovi dietro la Cortina di Ferro". La sua presenza fu fortissima anche nella società italiana: manifestò con vigore la sua contrarietà alle proposte di liberalizzazione delle droghe leggere, che furono ricorrenti negli ultimi due decenni della sua vita, e fu uno dei Cardinali più ostili alla partecipazione del Pci nel governo italiano. Per non dimenticare la sua contrarietà agli abusi liturgici e ai settori progressisti che iniziavano a farsi largo con ancora maggiore veemenza nella Chiesa dopo il Concilio Vaticano II.
*Vaticanista del Quotidiano ‘La Stampa’

quarta-feira, 14 de maio de 2008

Quando Paulo VI usou a expressão “fumaça de Satanás” se referia aos abusos litúrgicos pós-conciliares, diz o Card. Virgilio Noè

O Card. Virgilio Noè, mestre das celebrações litúrgicas de Paulo VI, João Paulo I e João Paulo II; revela em exclusiva a Petrus o sentido da conhecida expressão “fumaça de Satanás” usada por Paulo VI.

Es inmemorial la denuncia de Paulo VI sobre la presencia del humo de Satanás en la Iglesia. Incluso hoy, ese discurso parece de una actualidad increíble. Pero con exactitud, ¿que quiso decir el Papa?
“Ustedes en ‘Petrus’ se anotan un hit, porque estan en grado de revelar, por primera vez, qué intentaba denunciar Paulo VI con esa afirmación. Aquí, el Papa Montini por ‘Satanás’ quería clasificar a todos aquellos sacerdotes u obispos y Cardenales que no rinden culto al Señor al celebrar mal la Santa Misa debido a una errada interpretación y aplicación del Concilio Vaticano II. Habló de humo de Satanás, porque sostenía que aquellos sacerdotes que hacían paja de la Santa Misa en el nombre de la creatividad, en realidad estaban poseidos de la vanagloria y de la soberbia del Maligno. Por lo tanto, el humo de Satanás no era otra cosa que la mentalidad que quería distorsionar los cánones tradicionales y litúrgicos de la ceremonia Eucarística.”

Y pensar que a Paulo VI se le señaló casi como la causa de todos los males de la liturgia post-conciliar. Sin embargo, de acuerdo a lo que Usted revela, Eminencia, Montini comparó el caos litúrgico, así sólo fuera veladamente, incluso a algo infernal.
“Él condenaba los animos de protagonismo y el delirio de omnipotencia que siguieron a la liturgia del Concilio. La Misa es una ceremonia sacra, repetía a menudo, todo debe estar preparado y estudiado adecuadamente respetando los cánones, nadie es el ‘dominus’ de la Misa. Desgraciadamente, muchos después del Vaticano II no lo han entendido y Paulo VI consideraba el fenómeno un ataque del demonio".

sexta-feira, 9 de maio de 2008

La tradizione di Ratzinger

di Vittorio Sgarbi

Per molte ragioni Papa Benedetto XVI è degno di lode e di ammirazione. E per molte ragioni egli si trova al centro di contraddizioni che anche la fede più integra non può eludere. D'altra parte l'integrità storica della Chiesa, nel difficile rapporto con la civiltà moderna, fu messa in discussione dal Concilio Vaticano II. E, da allora, molte certezze vacillano, a partire dalla lingua unitaria. Infatti la dismissione del latino ha letteralmente rappresentato una Babele delle lingue, un'esaltazione di identità separate con il pretestuoso obiettivo di avvicinare le parole della Chiesa ai fedeli.
Dopo tanti anni di confusione, anche su questo punto è proprio il Papa e non un teologo conservatore a indicare un'interpretazione autentica. Per quanto riguarda il latino è proprio Ratzinger a scrivere che il suo uso avrebbe dovuto essere conservato di regola, come di fatto non è avvenuto.
Le riflessioni del Papa, che ora non possono essere considerate opinioni ma orientamenti dottrinali, sono contenute in un libretto dal titolo eloquente: Rivolti al Signore del sacerdote Uwe Michael Lang, cui il Papa scrisse una prefazione nel 1983. Già il titolo evoca il tema principale: la posizione dell'altare rispetto ai fedeli. Prima della riforma, così come fu durante la mia infanzia e la mia adolescenza, l'altare era sul fondo della chiesa, verso l'abside e il sacerdote celebrava voltando costantemente le spalle ai fedeli. Era una tradizione e posizione durata quasi duemila anni. Il sacerdote celebrava in latino, volgendo le spalle al popolo, tranne che al momento dell'omelia e della distribuzione dell'ostia ai fedeli.
A partire dal 1965, per favorire il rapporto del sacerdote con i fedeli, l'altare viene staccato dalla parete e la messa viene recitata in italiano dal sacerdote che guarda i fedeli. Un rapporto diretto, che privilegia gli uomini allo stesso Dio. Quella che fu una posizione critica del cardinale Ratzinger diventa adesso una indicazione liturgica, difficilmente eludibile. Lang scrive: "Il clima intellettuale e spirituale appare favorevole a una reintroduzione dell'orientamento sacro nella cristianità". Che, come si sa, è verso Est, verso Oriente, come luogo dell'origine della luce, come ricorda anche Dante nel Canto del Paradiso dedicato a San Francesco.
A sua volta Ratzinger ribalta i facili argomenti di chi riteneva troppo lontano dal popolo il sacerdote che celebra di spalle: in verità egli non è separato dai fedeli, ma "si volta nella loro stessa direzione, verso Dio". La proposta di Lang condivisa da Ratzinger è che il sacerdote e i fedeli siano di fronte durante i riti introduttivi, la liturgia della Parola, parte dei riti della Comunione e il rito conclusivo e che invece si torni alla medesima direzione di preghiera per la liturgia dell'Eucarestia in senso stretto, che quindi tutti, prete compreso, guardino a Oriente. Occorre che nella parte sostanziale della Messa il dialogo sia fra il sacerdote e Dio.
La celebrazione della Messa è "preghiera al Padre mediante Cristo. Questa teologia deve poter essere visibile", indica la Congregazione per il Culto Divino. E dunque il celebrante, quando si rivolge a Dio, dà le spalle al popolo. Se rispetto alla più alta rappresentazione simbolica del rapporto fra Dio e l'uomo che è costituita dalla Messa, si cercano scorciatoie per compromettere la dimensione mistica del rapporto con l'Assoluto certamente si rischia di togliere aura e spiritualità a quel momento altissimo che si configura come un rito tanto più intenso quanto immutato nei secoli.
In un libro di Elias Canetti, Massa e potere, il punto più alto dell'autorità e il simbolo del potere assoluto coincidono con la figura che è meno esposta al rischio dell'aggressione com'è l'uomo inerme che sta disteso, poggiando molti punti del corpo al suolo o com'è l'uomo seduto impedito e rallentato nei movimenti. Canetti identifica la più alta espressione del potere nella figura del direttore d'orchestra che produce musica sublime stando in alto su un podio, con l'orchestra ai suoi piedi e voltando le spalle al pubblico.
Nessuno ha mai pensato, se non nel momento del saluto iniziale e degli applausi, di ribaltare la posizione del direttore d'orchestra! E invece in questi ultimi quarant'anni abbiamo assistito a qualunque sfregio: urlatori e suonatori di chitarre per accompagnare la celebrazione della Messa invece che la musica lontana dell'organo, ammiccamenti di ogni specie e insostenibili mutilazioni alle strutture interne delle chiese, smontando altari, chiamando scultori dalle fantasie perverse a inventare nuove mense, distruggendo l'integrità delle chiese. Anche per questo va resa lode a Papa Benedetto XVI. Perché, egli ritornando alla tradizione all'inizio di questo millennio, interrompa lo scempio che ha devastato centinaia di chiese, dal Duomo di Padova alla Cattedrale di Pisa, con insensati smontaggi e rimontaggi dei bellissimi altari che dominavano absidi gotiche, rinascimentali e barocche. Continui smontaggi, imprevedibili deliri, balaustre abbattute con il pretesto di favorire il dialogo con i fedeli riducendo le distanze. Ma Dio è distante. E, se è, non è vicino a noi ma dentro di noi. E quando è evocato dalla preghiera non occorre che il sacerdote si avvicini per farcene intendere la presenza. Con tanti preti e vescovi che hanno devastato chiese, anche irrimediabilmente, saluteranno con me oggi le razionali e rigorose indicazioni del Papa quegli umili frati della chiesa dei Servi di Bologna, mirabile per architettura e opere d'arte che, in questi anni di confusione, si sono rifiutati di ribaltare l'orientamento dell'altare della loro chiesa. La loro resistenza ai valori dell'eternità, all'assoluto di Dio e alla conseguente integrità dei monumenti, oggi è premiata. Lunga vita al Papa.
Fonte Il Giornale, 24 Aprile 2006.

domingo, 4 de maio de 2008

Castrillon Hoyos no DVD instrutivo da Fratenidade São Pedro: o Santo Padre quer a Forma Extraordinária se torne uma forma normal nas Paróquias

"No es un regalo para los así llamados tradicionalistas, no, sino es una regalo para toda la iglesia católica y porque es un regalo ofrecido libremente que el Santo Padre ha hecho, el la ha hecho para todos por medio de la maravillosa estructura de la Iglesia, que son las parroquias, los sacerdotes y los capellanes y las capillas donde la eucaristía es celebrada, y ellos, por la voluntad del vicario de Cristo, deben aceptar las petición y requerimientos de los fieles que quieren esta misa y deben ofrecérselas y aún y que esta no sea específicamente solicitada o requerida, ellos deben de hacerla accesible para que todos tengan acceso a este tesoro de la antigua liturgia de la Iglesia. Este es el principal objetivo del Motu Proprio, la riqueza espiritual y teológica.
El Santo Padre quiere que esta forma de la Misa se convierta en una forma normal en las parroquias y que de esta manera las comunidades jóvenes se familiaricen también con este rito".

Texto completo: Creer em México e Site Oficial do DVD da Fraternidade Sacerdotal São Pedro

sábado, 3 de maio de 2008

O Vetus Ordo que avança: Tradição sem contestação

Interessante entrevista com o Card. Castrillon Hoyos a revista italiana sobre a aplicação do Motu Proprio Summorum Pontificum.

"Por que a intenção, a mens, do Papa é conceder este tesouro para o bem de toda a Igreja, onde não há sacerdotes a melhor coisa seria oferecer uma celebração segundo o rito extraordinário em uma das Missas dominicais paroquiais. Seria uma Missa para todos, e todos, também as jovens gerações, usufruiriam da riqueza do rito extraordinário, por exemplo, daqueles momentos de contemplação que no Novus Ordo desapareceram".