"Ubi ergo Petrus, ibi ecclesia; ubi ecclesia, ibi nulla mors, sed vita eterna".
“Onde está Pedro, aí está a Igreja; onde está a Igreja aí não há morte, mas a vida eterna”.
Santo Ambrósio, Enarrationes in XII Psalmos davidicos; PL 14, 1082

quinta-feira, 31 de janeiro de 2008

ORDENAÇÕES DIACONAIS TRADICIONAIS DO IBP NA CATEDRAL DE ROMA: BASÍLICA DE SÃO JOÃO DO LATRÃO

"Le 23 février, huit jours plus tard donc, 4 de nos séminaristes recevront le diaconat des mains de son Exc. Mgr de Magistris et seront, par le fait même, incardinés dans le Bon Pasteur. Où donc ? A Rome s’il vous plait. En quelle église ? Allez-vous me croire ? En la cathédrale du Pape, la Mère et la Maîtresse de toutes les églises, la première et la plus vénérable de la chrétienté : Saint Jean de Latran ! Merci à notre valeureux abbé Fournié, notre représentant en la ville éternelle ; merci au cardinal Ruini, vicaire du Pape, qui donne cette autorisation. Merci à tous les acteurs de ce geste éminemment symbolique et fort de la bienveillance du Pontife Romain sur notre modeste Institut".

Fonte: Le Blog de l´Abbé Laguéri

PEDRO FALOU PELA BOCA DE BENTO: A VERDADEIRA IGREJA É A CATÓLICA E ELA TEM O DEVER DE EVANGELIZAR


DISCURSO PRONUNCIADO NA AUDIÊNCIA CONCEDIDA PELO SANTO PADRE À SEÇÃO PLENÁRA DA CONGREGAÇÃO PARA A DOUTRINA DA FÉ:

Signori Cardinali,
Venerati Fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio,
carissimi e fedeli Collaboratori!
E’ per me motivo di grande gioia incontrarvi in occasione della vostra Sessione Plenaria. Posso così parteciparvi i sentimenti di profonda riconoscenza e di cordiale apprezzamento che provo per il lavoro che il vostro Dicastero svolge al servizio del ministero di unità, affidato in special modo al Romano Pontefice. E’ un ministero che si esprime primariamente in funzione dell’unità di fede, poggiante sul "sacro deposito", di cui il Successore di Pietro è il primo custode e difensore (cfr Cost. ap. Pastor Bonus, 11). Ringrazio il Signor Cardinale William Levada per i sentimenti che, a nome di tutti, ha espresso nel suo indirizzo e per il richiamo dei temi che sono stati oggetto di alcuni Documenti della vostra Congregazione in questi ultimi anni e delle tematiche che tuttora impegnano l’esame del Dicastero.
In particolare, la Congregazione per la Dottrina della Fede ha pubblicato l’anno scorso due Documenti importanti, che hanno offerto alcune precisazioni dottrinali su aspetti essenziali della dottrina sulla Chiesa e sull’Evangelizzazione. Sono precisazioni necessarie per lo svolgimento corretto del dialogo ecumenico e del dialogo con le religioni e le culture del mondo. Il primo Documento porta il titolo "Risposte a quesiti riguardanti alcuni aspetti circa la dottrina della Chiesa" e ripropone anche nelle formulazioni e nel linguaggio l’insegnamento del Concilio Vaticano II, in piena continuità con la dottrina della Tradizione cattolica. Viene così confermato che l’una e unica Chiesa di Cristo ha la sua sussistenza, permanenza e stabilità nella Chiesa Cattolica e che pertanto l’unità, l’indivisibilità e l’indistruttibilità della Chiesa di Cristo non vengono annullate dalle separazioni e divisioni dei cristiani. Accanto a questa precisazione dottrinale fondamentale, il Documento ripropone l’uso linguistico corretto di certe espressioni ecclesiologiche, che rischiano di essere fraintese, e richiama a tal fine l’attenzione sulla differenza che ancora permane tra le diverse Confessioni cristiane nei riguardi della comprensione dell’essere Chiesa, in senso propriamente teologico. Ciò, lungi dall’impedire l’impegno ecumenico autentico, sarà di stimolo perché il confronto sulle questioni dottrinali avvenga sempre con realismo e piena consapevolezza degli aspetti che ancora separano le Confessioni cristiane, oltre che nel riconoscimento gioioso delle verità di fede comunemente professate e della necessità di pregare incessantemente per un cammino più solerte verso una maggiore e alla fine piena unità dei cristiani. Coltivare una visione teologica che ritenesse l’unità e identità della Chiesa come sue doti "nascoste in Cristo", con la conseguenza che storicamente la Chiesa esisterebbe di fatto in molteplici configurazioni ecclesiali, riconciliabili soltanto in prospettiva escatologica, non potrebbe che generare un rallentamento e ultimamente la paralisi dell’ecumenismo stesso.
L’affermazione del Concilio Vaticano II che la vera Chiesa di Cristo "sussiste nella Chiesa cattolica" (Cost. dogm. Lumen gentium, 8) non riguarda soltanto il rapporto con le Chiese e comunità ecclesiali cristiane, ma si estende anche alla definizione dei rapporti con le religioni e le culture del mondo. Lo stesso Concilio Vaticano II nella Dichiarazione Dignitatis humanae sulla libertà religiosa afferma che "questa unica vera religione sussiste nella Chiesa cattolica, alla quale il Signore Gesù ha affidato il compito di diffonderla a tutti gli uomini" (n. 1). La "Nota dottrinale su alcuni aspetti dell’evangelizzazione" - l’altro Documento pubblicato dalla vostra Congregazione nel dicembre 2007 -, a fronte del rischio di un persistente relativismo religioso e culturale, ribadisce che la Chiesa, nel tempo del dialogo tra le religioni e le culture, non si dispensa dalla necessità dell’evangelizzazione e dell’attività missionaria verso i popoli, né cessa di chiedere agli uomini di accogliere la salvezza offerta a tutte le genti. Il riconoscimento di elementi di verità e bontà nelle religioni del mondo e della serietà dei loro sforzi religiosi, lo stesso colloquio e spirito di collaborazione con esse per la difesa e la promozione della dignità della persona e dei valori morali universali, non possono essere intesi come una limitazione del compito missionario della Chiesa, che la impegna ad annunciare incessantemente Cristo come la via, la verità e la vita (cfr Gv 14,6).
Vi invito inoltre, carissimi, a seguire con particolare attenzione i problemi difficili e complessi della bioetica. Le nuove tecnologie biomediche, infatti, interessano non soltanto alcuni medici e ricercatori specializzati, ma vengono divulgate attraverso i moderni mezzi di comunicazione sociale, provocando attese ed interrogativi in settori sempre più vasti della società. Il Magistero della Chiesa certamente non può e non deve intervenire su ogni novità della scienza, ma ha il compito di ribadire i grandi valori in gioco e di proporre ai fedeli e a tutti gli uomini di buona volontà principi e orientamenti etico-morali per le nuove questioni importanti. I due criteri fondamentali per il discernimento morale in questo campo sono a) il rispetto incondizionato dell’essere umano come persona, dal suo concepimento fino alla morte naturale, b) il rispetto dell’originalità della trasmissione della vita umana attraverso gli atti propri dei coniugi. Dopo la pubblicazione nel 1987 dell’Istruzione Donum vitae, che aveva enunciato tali criteri, molti hanno criticato il Magistero della Chiesa, denunciandolo come se fosse un ostacolo alla scienza e al vero progresso dell’umanità. Ma i nuovi problemi connessi, ad esempio, con il congelamento degli embrioni umani, con la riduzione embrionale, con la diagnosi pre-impiantatoria, con le ricerche sulle cellule staminali embrionali e con i tentativi di clonazione umana, mostrano chiaramente come, con la fecondazione artificiale extra-corporea, sia stata infranta la barriera posta a tutela della dignità umana. Quando esseri umani, nello stato più debole e più indifeso della loro esistenza, sono selezionati, abbandonati, uccisi o utilizzati quale puro "materiale biologico", come negare che essi siano trattati non più come un "qualcuno", ma come un "qualcosa", mettendo così in questione il concetto stesso di dignità dell’uomo?
Certamente la Chiesa apprezza e incoraggia il progresso delle scienze biomediche che aprono prospettive terapeutiche finora sconosciute, mediante, ad esempio, l’uso delle cellule staminali somatiche oppure mediante le terapie volte alla restituzione della fertilità o alla cura delle malattie genetiche. Nel contempo essa sente il dovere di illuminare le coscienze di tutti, affinché il progresso scientifico sia veramente rispettoso di ogni essere umano, a cui va riconosciuta la dignità di persona, essendo creato ad immagine di Dio. Lo studio su tali tematiche, che ha impegnato in special modo la vostra Assise in questi giorni, contribuirà certamente a promuovere la formazione della coscienza di tanti nostri fratelli, secondo quanto afferma il dettato del Concilio Vaticano II nella Dichiarazione Dignitatis Humanae: "I cristiani... nella formazione della loro coscienza devono considerare diligentemente la dottrina sacra e certa della Chiesa. Infatti per volontà di Cristo la Chiesa cattolica è maestra di verità, e il suo compito è di annunziare e di insegnare in modo autentico la verità che è Cristo, e nello stesso tempo di dichiarare e di confermare con la sua autorità i principi dell'ordine morale che scaturiscono dalla stessa natura umana" (n. 14).
Nell’incoraggiarvi a proseguire nel vostro impegnativo ed importante lavoro, vi esprimo anche in questa circostanza la mia spirituale vicinanza, ed imparto di cuore a tutti voi, in pegno di affetto e di gratitudine, la Benedizione Apostolica.

Fonte: Vaticano

sábado, 26 de janeiro de 2008

LOCAIS DE MISSA TRIDENTINA OU EM LATIM CONFORME O MOTU PROPRIO SUMMORUM PONTIFICUM NO BRASIL CELEBRADAS POR PADRES EM COMUNHÃO COM O PAPA

VEJA À ESQUEDA DO NOSSO SITE ALGUNS LOCAIS DE MISSA TRIDENTINA OU "MISSA EM LATIM" NA FORMA EXTRAORDINÁRIA DO RITO ROMANO CONFORME O MOTU PROPRIO SUMMORUM PONTIFICUM NO BRASIL CELEBRADAS POR PADRES EM COMUNHÃO COM O SUMO PONTÍFICE.

sexta-feira, 25 de janeiro de 2008

Todos voltados para o Senhor que vem, para o Oriente


Na sua audiência de quarta-feira o Papa Bento XVI fez a seguinte observação que nos ajuda a entender o sentido último da oração liturgica:

"Este es el sentido de la oración: abrir nuestro corazón, crear en nosotros esta disponibilidad que abre el camino a Cristo. En la liturgia de la Iglesia antigua, después de la homilía del obispo o del que presidía la celebración, el celebrante principal decía: "Conversi ad Dominum". A continuación, él mismo y todos se levantaban y se volvían hacia Oriente. Todos querían mirar hacia Cristo. Sólo convertidos, sólo con esta conversión a Cristo, con esta mirada común dirigida a Cristo, podemos encontrar el don de la unidad".

segunda-feira, 21 de janeiro de 2008

"O que conta é servir: servir a Igreja, servir o mundo, os homens, o Evangelho”, diz o novo Superior da Companhia de Jesus

Neste artigo de Ecclesia algumas informações sobre o sucessor de Santo Inácio de Loyola:

O novo Superior Geral da Companhia de Jesus, Pe. Adolfo Nicolás, presidiu este Domingo a uma Missa de acção de graças na Igreja de Jesus, em Roma, onde apresentou as prioridades para os Jesuítas, apontando para os pobres e marginalizados dos cinco Continentes.
“Os pobres, os marginalizados, os excluídos, todos eles são para nós as novas nações que têm necessidade da mensagem de Deus, que é para todos”, indicou na sua homilia.
O Pe. Nicolás, espanhol com larga experiência de missão no continente asiático, falou da importância de anunciar o Evangelho “em todas as nações”, referindo-se a “outras nações, não geográficas, mas humanas, que exigem a nossa assistência”.
O Prepósito-Geral da Companhia de Jesus gracejou com os títulos dos jornais dos últimos dias, que classificou de “clichés”: “Papa Negro”, “Papa Branco”, “poder”. “Tudo isto é superficial, o que conta é servir: servir a Igreja, servir o mundo, os homens, o Evangelho”, disse na sua homilia.
Citando a primeira encíclica de Bento XVI, o Pe. Nicolás frisou que “o Papa lembra que Deus é amor, esta é a essência do Evangelho”.
Destas duas palavras chave, serviço e amor, o novo Geral dos Jesuítas concluiu a necessidade de olhar para os que ficam à margem dos processos globais que estão a transformar o mundo.
A Ordem fundada por Santo Inácio, uma das mais respeitadas e admiradas na Igreja Católica, conta hoje com quase 20 mil religiosos em mais de 100 países de todo o mundo, 30% dos quais na Ásia. Em 1965, contudo, esse número chegava a 30 mil e trezentos religiosos.
O novo Geral torna-se, aos 71 anos, o 29.º sucessor de Santo Inácio de Loyola desde que Companhia foi fundada, em 1540. O Pe. Nicolás passou largos anos em missão no Japão, onde era professor de Teologia em Toquio. Desempenhava ainda funções de moderador da Conferência Jesuíta da Ásia Leste e da Oceania, desde 2004.
A escolha dos Jesuítas recaiu assim sobre um missionário na Ásia, como aconteceu com Pedro Arrupe, predecessor do Pe. Kolvenbach.
Nascido a 29 de Abril de 1936, o Pe. Nicolás fez o seu noviciado em Espanha, no ano de 1953. Posteriormente estudou filosofia em Madrid e teologia em Toquio, de 1964 a 1968.
Foi ordenado sacerdote na capital japonesa, em 1967, tendo depois frequentado a Universidade Gregoriana, de Roma, entre 1968 e 1971.
De regresso ao Japão, foi professor de teologia sistemática na Universidade Sophia de Toquio, até 1978. Seguiu para as Filipinas, de 1978 a 1984, e voltou ao Japão. Entre 1993 e 1999 foi superior da província jesuíta japonesa.
A 21 de Fevereiro, o Papa receberá em audiência os membros da 35.ª Congregação Geral. Não é certo que os trabalhos da Congregação se tenham concluído nessa altura, dado que após a eleição do Geral serão agora definidas as grandes orientações para o futuro da Companhia de Jesus.
Antes da eleição, o Papa enviara uma carta ao Geral cessante, Pe. Hans Kolvenbach, convidando os Jesuítas a reafirmarem a sua “adesão total à doutrina católica”, falando de pontos precisos como “a relação entre Cristo e as religiões, alguns aspectos da teologia da libertação e vários pontos da moral sexual, sobretudo, no que concerne à indissolubilidade do matrimónio e à pastoral das pessoas homossexuais”.

Fonte: Ecclesia

domingo, 20 de janeiro de 2008

Mons. Guido Marini: na Missa dos batismos na Capela Sistina, o Papa não "deu as costas aos fiéis", mas com eles se voltou para Cristo.

Diante de tantas palavras que demonstram extrema ignorância em matéria de liturgia ditas nos últimos dias propomos uma entrevista concedida pelo Mestre de Cerimônias do Papa à Radio Vaticano em espanhol e italiano:

200.000 fiéis para o Angelus do Papa. Vence a sabedoria de Bento XVI.

di Gianluca Barile
CITTA’ DEL VATICANO - Il ‘Papa Day’ è il giorno della gioia, della solidarietà, della vicinanza fisica e spirituale al successore di Pietro dopo la sua mancata accoglienza all’Università ‘La Sapienza’ di Roma. Duecentomila persone - forse più - provenienti da tutta Italia - religiosi, laici, uomini politici, anche non credenti e atei devoti - confluiscono in Vaticano per ascoltare le parole di Benedetto XVI all’Angelus. Non è un comizio, come auspicava il promotore dell’iniziativa, il Cardinale Camillo Ruini, né una rivincita. E’, piuttosto, la dimostrazione di come e quanto l’Amore prevalga sempre. ''Grazie a voi tutti, buona settimana, e andiamo avanti in questo spirito di fraternità e amore per la libertà e la verità, un impegno comune per una società fraterna e tollerante'', dice non a caso il Pontefice ‘a braccio’ dopo i lunghi apllausi della Piazza al termine della recita dell’Angelus e dei saluti nelle varie lingue. "Essere sempre rispettosi delle opinioni altrui e ricercare, con spirito libero e responsabile, la verità e il bene". Era stata questa, invece, pochi minuti prima, la raccomandazione del Papa ai tantissimi giovani radunati sotto la finestra del suo studio privato. Benedetto XVI, che è stato professore ordinario di teologia nel prestigioso ateneo di Tubinga e vice rettore dell'Univresità di Regensburg, aveva parlato di se stesso "come professore, per così dire, emerito che ha incontrato tanti studenti nella sua vita" e aveva confidato: "Come sapete, avevo accolto molto volentieri il cortese invito che mi era stato rivolto ad intervenire giovedì scorso all'inaugurazione dell'anno accademico della Sapienza di Roma. Conosco bene questo Ateneo, lo stimo e sono affezionato agli studenti che lo frequentano: ogni anno, in più occasioni, molti di essi vengono ad incontrarmi in Vaticano, insieme ai colleghi delle altre Università. Com'è noto, purtroppo – aveva scandito il Papa - il clima che si era creato ha reso inopportuna la mia presenza alla cerimonia. Ho soprasseduto mio malgrado, ma ho voluto comunque inviare il testo da me preparato con grande gioia per l'occasione, nei giorni dopo Natale. All'ambiente universitario, che per lunghi anni è stato il mio mondo, mi legano l'amore per la ricerca della verità, per il confronto, per il dialogo franco e rispettoso delle reciproche posizioni. Tutto ciò è anche missione della Chiesa, impegnata a seguire fedelmente Gesù, Maestro di vita, di verità e di amore". "Desidero -aveva aggiunto il Pontefice - salutare i giovani universitari che sono così tanti, i professori e voi tutti che siete venuti cosi' numerosi in Piazza San Pietro per partecipare alla preghiera dell'Angelus e per esprimermi la vostra solidarietà; un pensiero di saluto va anche ai molti altri che si uniscono a noi spiritualmente. Vi ringrazio di cuore, cari amici; ringrazio anche il Cardinale Vicario che si è fatto promotore di questo momento di incontro. E' bello vedere questa comune fraternita' della fede. A tutti e a ciascuno - si era congedato il Papa - rinnovo l'espressione della mia gratitudine, assicurando il mio affetto e la mia preghiera". ''E' bello vedere questa comune fraternità della fede, grazie'', aveva concluso Benedetto XVI prima di lasciarsi abbracciare dal calore proveniente da una Piazza San Pietro letteralmente gremita. Una Piazza illuminata da un sole battente, che ha naturalmente visto anche la presenza del Cardinale Camillo Ruini, visibilmente soddisfatto, che conversando con i giornalisti ha detto: ''Questa è una giornata molto bella, in cui è stato dimostrato l'affetto dei fedeli nei confronti del Papa''. Alla richiesta se fosse soddisfatto della reazione al suo invito, l'ex presidente della Conferenza episcopale italiana, il primo a chiamare a raccolta i cattolici in Vaticano per manifestare solidarietà a Benedetto XVI, ha replicato: ''Questa è la risposta della gente, perchè ama il Papa''.


Fonte: Petrus

quinta-feira, 17 de janeiro de 2008

Universidade "Sapienza": explosão de aplausos ao discurso de Bento XVI lido pelo Prof. Marietti. Os presentes gritaram: Viva o Papa. O texto integral.

E' stato un lungo e caloroso applauso quello che ha accolto la lettura del discorso del Papa fatta dal professor Piero Marietti. Quando sono state lette le ultime righe del discorso in cui il Papa invita a mantenere desta la sensibilita' per la verita' e invita la ragione ''a mettersi alla ricerca del vero, del bene, di Dio'' sono scattati gli applausi e qualcuno ha gridato anche ‘Viva il Papa'.

Questo il testo del discorso scritto dal Santo Padre:


"Rettore, Autorita' politiche e civili, Illustri docenti e personale tecnico amministrativo, cari giovani studenti! E' per me motivo di profonda gioia incontrare la comunita' della "Sapienza - Universita' di Roma" in occasione della inaugurazione dell'anno accademico. Da secoli ormai questa Universita' segna il cammino e la vita della citta' di Roma, facendo fruttare le migliori energie intellettuali in ogni campo del sapere. Sia nel tempo in cui, dopo la fondazione voluta dal Papa Bonifacio VIII, l'istituzione era alle dirette dipendenze dell'Autorita' ecclesiastica, sia successivamente quando lo Studium Urbis si e' sviluppato come istituzione dello Stato italiano, la vostra comunita' accademica ha conservato un grande livello scientifico e culturale, che la colloca tra le piu' prestigiose universita' del mondo. Da sempre la Chiesa di Roma guarda con simpatia e ammirazione a questo centro universitario, riconoscendone l'impegno, talvolta arduo e faticoso, della ricerca e della formazione delle nuove generazioni. Non sono mancati in questi ultimi anni momenti significativi di collaborazione e di dialogo. Vorrei ricordare, in particolare, l'Incontro mondiale dei Rettori in occasione del Giubileo delle Universita', che ha visto la vostra comunita' farsi carico non solo dell'accoglienza e dell'organizzazione, ma soprattutto della profetica e complessa proposta della elaborazione di un "nuovo umanesimo per il terzo millennio". Mi e' caro, in questa circostanza, esprimere la mia gratitudine per l'invito che mi e' stato rivolto a venire nella vostra universita' per tenervi una lezione. In questa prospettiva mi sono posto innanzitutto la domanda: Che cosa puo' e deve dire un Papa in un'occasione come questa? Nella mia lezione a Ratisbona ho parlato, si', da Papa, ma soprattutto ho parlato nella veste del gia' professore di quella mia universita', cercando di collegare ricordi ed attualita'. Nell'universita' "Sapienza", l'antica universita' di Roma, pero', sono invitato proprio come Vescovo di Roma, e percio' debbo parlare come tale. Certo, la "Sapienza" era un tempo l'universita' del Papa, ma oggi e' un'universita' laica con quell'autonomia che, in base al suo stesso concetto fondativo, ha fatto sempre parte della natura di universita', la quale deve essere legata esclusivamente all'autorita' della verita'. Nella sua liberta' da autorita' politiche ed ecclesiastiche l'universita' trova la sua funzione particolare, proprio anche per la societa' moderna, che ha bisogno di un'istituzione del genere. Ritorno alla mia domanda di partenza: Che cosa puo' e deve dire il Papa nell'incontro con l'universita' della sua citta'? Riflettendo su questo interrogativo, mi e' sembrato che esso ne includesse due altri, la cui chiarificazione dovrebbe condurre da se' alla risposta. Bisogna, infatti, chiedersi: Qual e' la natura e la missione del Papato? E ancora: Qual e' la natura e la missione dell'universita'? Non vorrei in questa sede trattenere Voi e me in lunghe disquisizioni sulla natura del Papato. Basti un breve accenno. Il Papa e' anzitutto Vescovo di Roma e come tale, in virtu' della successione all'Apostolo Pietro, ha una responsabilita' episcopale nei riguardi dell'intera Chiesa cattolica. La parola "vescovo"-episkopos, che nel suo significato immediato rimanda a "sorvegliante", gia' nel Nuovo Testamento e' stata fusa insieme con il concetto biblico di Pastore: egli e' colui che, da un punto di osservazione sopraelevato, guarda all'insieme, prendendosi cura del giusto cammino e della coesione dell'insieme. In questo senso, tale designazione del compito orienta lo sguardo anzitutto verso l'interno della comunita' credente. Il Vescovo - il Pastore - e' l'uomo che si prende cura di questa comunita'; colui che la conserva unita mantenendola sulla via verso Dio, indicata secondo la fede cristiana da Gesu' - e non soltanto indicata: Egli stesso e' per noi la via. Ma questa comunita' della quale il Vescovo si prende cura - grande o piccola che sia - vive nel mondo; le sue condizioni, il suo cammino, il suo esempio e la sua parola influiscono inevitabilmente su tutto il resto della comunita' umana nel suo insieme. Quanto piu' grande essa e', tanto piu' le sue buone condizioni o il suo eventuale degrado si ripercuoteranno sull'insieme dell'umanita'. Vediamo oggi con molta chiarezza, come le condizioni delle religioni e come la situazione della Chiesa - le sue crisi e i suoi rinnovamenti - agiscano sull'insieme dell'umanita'. Cosi' il Papa, proprio come Pastore della sua comunita', e' diventato sempre di piu' anche una voce della ragione etica dell'umanita'. Qui, pero', emerge subito l'obiezione, secondo cui il Papa, di fatto, non parlerebbe veramente in base alla ragione etica, ma trarrebbe i suoi giudizi dalla fede e per questo non potrebbe pretendere una loro validita' per quanti non condividono questa fede. Dovremo ancora ritornare su questo argomento, perche' si pone qui la questione assolutamente fondamentale: Che cosa e' la ragione? Come puo' un'affermazione - soprattutto una norma morale - dimostrarsi "ragionevole"? A questo punto vorrei per il momento solo brevemente rilevare che John Rawls, pur negando a dottrine religiose comprensive il carattere della ragione "pubblica", vede tuttavia nella loro ragione "non pubblica" almeno una ragione che non potrebbe, nel nome di una razionalita' secolaristicamente indurita, essere semplicemente disconosciuta a coloro che la sostengono. Egli vede un criterio di questa ragionevolezza fra l'altro nel fatto che simili dottrine derivano da una tradizione responsabile e motivata, in cui nel corso di lunghi tempi sono state sviluppate argomentazioni sufficientemente buone a sostegno della relativa dottrina. In questa affermazione mi sembra importante il riconoscimento che l'esperienza e la dimostrazione nel corso di generazioni, il fondo storico dell'umana sapienza, sono anche un segno della sua ragionevolezza e del suo perdurante significato. Di fronte ad una ragione a-storica che cerca di autocostruirsi soltanto in una razionalita' a-storica, la sapienza dell'umanita' come tale - la sapienza delle grandi tradizioni religiose - e' da valorizzare come realta' che non si puo' impunemente gettare nel cestino della storia delle idee. Ritorniamo alla domanda di partenza. Il Papa parla come rappresentante di una comunita' credente, nella quale durante i secoli della sua esistenza e' maturata una determinata sapienza della vita; parla come rappresentante di una comunita' che custodisce in se' un tesoro di conoscenza e di esperienza etiche, che risulta importante per l'intera umanita': in questo senso parla come rappresentante di una ragione etica. Ma ora ci si deve chiedere: E che cosa e' l'universita'? Qual e' il suo compito? E' una domanda gigantesca alla quale, ancora una volta, posso cercare di rispondere soltanto in stile quasi telegrafico con qualche osservazione. Penso si possa dire che la vera, intima origine dell'universita' stia nella brama di conoscenza che e' propria dell'uomo. Egli vuol sapere che cosa sia tutto cio' che lo circonda. Vuole verita'. In questo senso si puo' vedere l'interrogarsi di Socrate come l'impulso dal quale e' nata l'universita' occidentale. Penso ad esempio - per menzionare soltanto un testo - alla disputa con Eutifrone, che di fronte a Socrate difende la religione mitica e la sua devozione. A cio' Socrate contrappone la domanda: "Tu credi che fra gli dei esistano realmente una guerra vicendevole e terribili inimicizie e combattimenti ? Dobbiamo, Eutifrone, effettivamente dire che tutto cio' e' vero?" (6 b - c). In questa domanda apparentemente poco devota - che, pero', in Socrate derivava da una religiosita' piu' profonda e piu' pura, dalla ricerca del Dio veramente divino - i cristiani dei primi secoli hanno riconosciuto se stessi e il loro cammino. Hanno accolto la loro fede non in modo positivista, o come la via d'uscita da desideri non appagati; l'hanno compresa come il dissolvimento della nebbia della religione mitologica per far posto alla scoperta di quel Dio che e' Ragione creatrice e al contempo Ragione-Amore. Per questo, l'interrogarsi della ragione sul Dio piu' grande come anche sulla vera natura e sul vero senso dell'essere umano era per loro non una forma problematica di mancanza di religiosita', ma faceva parte dell'essenza del loro modo di essere religiosi. Non avevano bisogno, quindi, di sciogliere o accantonare l'interrogarsi socratico, ma potevano, anzi, dovevano accoglierlo e riconoscere come parte della propria identita' la ricerca faticosa della ragione per raggiungere la conoscenza della verita' intera. Poteva, anzi doveva cosi', nell'ambito della fede cristiana, nel mondo cristiano, nascere l'universita'. E' necessario fare un ulteriore passo. L'uomo vuole conoscere - vuole verita'. Verita' e' innanzitutto una cosa del vedere, del comprendere, della theori'a, come la chiama la tradizione greca. Ma la verita' non e' mai soltanto teorica. Agostino, nel porre una correlazione tra le Beatitudini del Discorso della Montagna e i doni dello Spirito menzionati in Isaia 11, ha affermato una reciprocita' tra "scientia" e "tristitia": il semplice sapere, dice, rende tristi. E di fatto - chi vede e apprende soltanto tutto cio' che avviene nel mondo, finisce per diventare triste. Ma verita' significa di piu' che sapere: la conoscenza della verita' ha come scopo la conoscenza del bene. Questo e' anche il senso dell'interrogarsi socratico: Qual e' quel bene che ci rende veri? La verita' ci rende buoni, e la bonta' e' vera: e' questo l'ottimismo che vive nella fede cristiana, perche' ad essa e' stata concessa la visione del Logos, della Ragione creatrice che, nell'incarnazione di Dio, si e' rivelata insieme come il Bene, come la Bonta' stessa. Nella teologia medievale c'e' stata una disputa approfondita sul rapporto tra teoria e prassi, sulla giusta relazione tra conoscere ed agire - una disputa che qui non dobbiamo sviluppare. Di fatto l'universita' medievale con le sue quattro Facolta' presenta questa correlazione. Cominciamo con la Facolta' che, secondo la comprensione di allora, era la quarta, quella di medicina. Anche se era considerata piu' come "arte" che non come scienza, tuttavia, il suo inserimento nel cosmo dell'universitas significava chiaramente che era collocata nell'ambito della razionalita', che l'arte del guarire stava sotto la guida della ragione e veniva sottratta all'ambito della magia. Guarire e' un compito che richiede sempre piu' della semplice ragione, ma proprio per questo ha bisogno della connessione tra sapere e potere, ha bisogno di appartenere alla sfera della ratio. Inevitabilmente appare la questione della relazione tra prassi e teoria, tra conoscenza ed agire nella Facolta' di giurisprudenza. Si tratta del dare giusta forma alla liberta' umana che e' sempre liberta' nella comunione reciproca: il diritto e' il presupposto della liberta', non il suo antagonista. Ma qui emerge subito la domanda: Come s'individuano i criteri di giustizia che rendono possibile una liberta' vissuta insieme e servono all'essere buono dell'uomo? A questo punto s'impone un salto nel presente: e' la questione del come possa essere trovata una normativa giuridica che costituisca un ordinamento della liberta', della dignita' umana e dei diritti dell'uomo. E' la questione che ci occupa oggi nei processi democratici di formazione dell'opinione e che al contempo ci angustia come questione per il futuro dell'umanita'. Jurgen Habermas esprime, a mio parere, un vasto consenso del pensiero attuale, quando dice che la legittimita' di una carta costituzionale, quale presupposto della legalita', deriverebbe da due fonti: dalla partecipazione politica egualitaria di tutti i cittadini e dalla forma ragionevole in cui i contrasti politici vengono risolti. Riguardo a questa "forma ragionevole" egli annota che essa non puo' essere solo una lotta per maggioranze aritmetiche, ma che deve caratterizzarsi come un "processo di argomentazione sensibile alla verita'" (wahrheitssensibles Argumentationsverfahren). E' detto bene, ma e' cosa molto difficile da trasformare in una prassi politica. I rappresentanti di quel pubblico "processo di argomentazione" sono - lo sappiamo - prevalentemente i partiti come responsabili della formazione della volonta' politica. Di fatto, essi avranno immancabilmente di mira soprattutto il conseguimento di maggioranze e con cio' baderanno quasi inevitabilmente ad interessi che promettono di soddisfare; tali interessi pero' sono spesso particolari e non servono veramente all'insieme. La sensibilita' per la verita' sempre di nuovo viene sopraffatta dalla sensibilita' per gli interessi. Io trovo significativo il fatto che Habermas parli della sensibilita' per la verita' come di elemento necessario nel processo di argomentazione politica, reinserendo cosi' il concetto di verita' nel dibattito filosofico ed in quello politico. Ma allora diventa inevitabile la domanda di Pilato: Che cos'e' la verita'? E come la si riconosce? Se per questo si rimanda alla "ragione pubblica", come fa Rawls, segue necessariamente ancora la domanda: Che cosa e' ragionevole? Come una ragione si dimostra ragione vera? In ogni caso, si rende in base a cio' evidente che, nella ricerca del diritto della liberta', della verita' della giusta convivenza devono essere ascoltate istanze diverse rispetto a partiti e gruppi d'interesse, senza con cio' voler minimamente contestare la loro importanza. Torniamo cosi' alla struttura dell'universita' medievale. Accanto a quella di giurisprudenza c'erano le Facolta' di filosofia e di teologia, a cui era affidata la ricerca sull'essere uomo nella sua totalita' e con cio' il compito di tener desta la sensibilita' per la verita'. Si potrebbe dire addirittura che questo e' il senso permanente e vero di ambedue le Facolta': essere custodi della sensibilita' per la verita', non permettere che l'uomo sia distolto dalla ricerca della verita'. Ma come possono esse corrispondere a questo compito? Questa e' una domanda per la quale bisogna sempre di nuovo affaticarsi e che non e' mai posta e risolta definitivamente. Cosi', a questo punto, neppure io posso offrire propriamente una risposta, ma piuttosto un invito a restare in cammino con questa domanda - in cammino con i grandi che lungo tutta la storia hanno lottato e cercato, con le loro risposte e con la loro inquietudine per la verita', che rimanda continuamente al di la' di ogni singola risposta. Teologia e filosofia formano in cio' una peculiare coppia di gemelli, nella quale nessuna delle due puo' essere distaccata totalmente dall'altra e, tuttavia, ciascuna deve conservare il proprio compito e la propria identita'. E' merito storico di san Tommaso d'Aquino - di fronte alla differente risposta dei Padri a causa del loro contesto storico - di aver messo in luce l'autonomia della filosofia e con essa il diritto e la responsabilita' propri della ragione che s'interroga in base alle sue forze. Differenziandosi dalle filosofie neoplatoniche, in cui religione e filosofia erano inseparabilmente intrecciate, i Padri avevano presentato la fede cristiana come la vera filosofia, sottolineando anche che questa fede corrisponde alle esigenze della ragione in ricerca della verita'; che la fede e' il "si'" alla verita', rispetto alle religioni mitiche diventate semplice consuetudine. Ma poi, al momento della nascita dell'universita', in Occidente non esistevano piu' quelle religioni, ma solo il cristianesimo, e cosi' bisognava sottolineare in modo nuovo la responsabilita' propria della ragione, che non viene assorbita dalla fede. Tommaso si trovo' ad agire in un momento privilegiato: per la prima volta gli scritti filosofici di Aristotele erano accessibili nella loro integralita'; erano presenti le filosofie ebraiche ed arabe, come specifiche appropriazioni e prosecuzioni della filosofia greca. Cosi' il cristianesimo, in un nuovo dialogo con la ragione degli altri, che veniva incontrando, dovette lottare per la propria ragionevolezza. La Facolta' di filosofia che, come cosiddetta "Facolta' degli artisti", fino a quel momento era stata solo propedeutica alla teologia, divenne ora una Facolta' vera e propria, un partner autonomo della teologia e della fede in questa riflessa. Non possiamo qui soffermarci sull'avvincente confronto che ne derivo'. Io direi che l'idea di san Tommaso circa il rapporto tra filosofia e teologia potrebbe essere espressa nella formula trovata dal Concilio di Calcedonia per la cristologia: filosofia e teologia devono rapportarsi tra loro "senza confusione e senza separazione". "Senza confusione" vuol dire che ognuna delle due deve conservare la propria identita'. La filosofia deve rimanere veramente una ricerca della ragione nella propria liberta' e nella propria responsabilita'; deve vedere i suoi limiti e proprio cosi' anche la sua grandezza e vastita'. La teologia deve continuare ad attingere ad un tesoro di conoscenza che non ha inventato essa stessa, che sempre la supera e che, non essendo mai totalmente esauribile mediante la riflessione, proprio per questo avvia sempre di nuovo il pensiero. Insieme al "senza confusione" vige anche il "senza separazione": la filosofia non ricomincia ogni volta dal punto zero del soggetto pensante in modo isolato, ma sta nel grande dialogo della sapienza storica, che essa criticamente e insieme docilmente sempre di nuovo accoglie e sviluppa; ma non deve neppure chiudersi davanti a cio' che le religioni ed in particolare la fede cristiana hanno ricevuto e donato all'umanita' come indicazione del cammino. Varie cose dette da teologi nel corso della storia o anche tradotte nella pratica dalle autorita' ecclesiali, sono state dimostrate false dalla storia e oggi ci confondono. Ma allo stesso tempo e' vero che la storia dei santi, la storia dell'umanesimo cresciuto sulla basa della fede cristiana dimostra la verita' di questa fede nel suo nucleo essenziale, rendendola con cio' anche un'istanza per la ragione pubblica. Certo, molto di cio' che dicono la teologia e la fede puo' essere fatto proprio soltanto all'interno della fede e quindi non puo' presentarsi come esigenza per coloro ai quali questa fede rimane inaccessibile. E' vero, pero', al contempo che il messaggio della fede cristiana non e' mai soltanto una "comprehensive religious doctrine" nel senso di Rawls, ma una forza purificatrice per la ragione stessa, che aiuta ad essere piu' se stessa. Il messaggio cristiano, in base alla sua origine, dovrebbe essere sempre un incoraggiamento verso la verita' e cosi' una forza contro la pressione del potere e degli interessi. Ebbene, finora ho solo parlato dell'universita' medievale, cercando tuttavia di lasciar trasparire la natura permanente dell'universita' e del suo compito. Nei tempi moderni si sono dischiuse nuove dimensioni del sapere, che nell'universita' sono valorizzate soprattutto in due grandi ambiti: innanzitutto nelle scienze naturali, che si sono sviluppate sulla base della connessione di sperimentazione e di presupposta razionalita' della materia; in secondo luogo, nelle scienze storiche e umanistiche, in cui l'uomo, scrutando lo specchio della sua storia e chiarendo le dimensioni della sua natura, cerca di comprendere meglio se stesso. In questo sviluppo si e' aperta all'umanita' non solo una misura immensa di sapere e di potere; sono cresciuti anche la conoscenza e il riconoscimento dei diritti e della dignita' dell'uomo, e di questo possiamo solo essere grati. Ma il cammino dell'uomo non puo' mai dirsi completato e il pericolo della caduta nella disumanita' non e' mai semplicemente scongiurato: come lo vediamo nel panorama della storia attuale! Il pericolo del mondo occidentale - per parlare solo di questo - e' oggi che l'uomo, proprio in considerazione della grandezza del suo sapere e potere, si arrenda davanti alla questione della verita'. E cio' significa allo stesso tempo che la ragione, alla fine, si piega davanti alla pressione degli interessi e all'attrattiva dell'utilita', costretta a riconoscerla come criterio ultimo. Detto dal punto di vista della struttura dell'universita': esiste il pericolo che la filosofia, non sentendosi piu' capace del suo vero compito, si degradi in positivismo; che la teologia col suo messaggio rivolto alla ragione, venga confinata nella sfera privata di un gruppo piu' o meno grande. Se pero' la ragione - sollecita della sua presunta purezza - diventa sorda al grande messaggio che le viene dalla fede cristiana e dalla sua sapienza, inaridisce come un albero le cui radici non raggiungono piu' le acque che gli danno vita. Perde il coraggio per la verita' e cosi' non diventa piu' grande, ma piu' piccola. Applicato alla nostra cultura europea cio' significa: se essa vuole solo autocostruirsi in base al cerchio delle proprie argomentazioni e a cio' che al momento la convince e - preoccupata della sua laicita' - si distacca dalle radici delle quali vive, allora non diventa piu' ragionevole e piu' pura, ma si scompone e si frantuma.Con cio' ritorno al punto di partenza. Che cosa ha da fare o da dire il Papa nell'universita'? Sicuramente non deve cercare di imporre ad altri in modo autoritario la fede, che puo' essere solo donata in liberta'. Al di la' del suo ministero di Pastore nella Chiesa e in base alla natura intrinseca di questo ministero pastorale e' suo compito mantenere desta la sensibilita' per la verita'; invitare sempre di nuovo la ragione a mettersi alla ricerca del vero, del bene, di Dio e, su questo cammino, sollecitarla a scorgere le utili luci sorte lungo la storia della fede cristiana e a percepire cosi' Gesu' Cristo come la Luce che illumina la storia ed aiuta a trovare la via verso il futuro".
Fonte: Petrus

quarta-feira, 16 de janeiro de 2008

ACCORRIAMO NUMEROSI DOMENICA A PIAZZA SAN PIETRO E VIA DELLA CONCILIAZIONE IN APOGGIO AL PAPA E CONTRO LA DITTATURA DEL LAICISMO

Orémus pro pontífice nostro Benedícto.
Dóminus consérvet eum,
et vivíficet eum,
et beátum fáciat eum in terra,
et non tradat eum in ánimam inimicórum éius.

SANTO PADRE SIAMO CON TE!!!

L'invito del Cardinale Ruini dopo censura laicista al Papa: "Domenica tutti con lui a San Pietro per dimostrargli solidarietà"

CITTA’ DEL VATICANO - Il Cardinale Camillo Ruini invita tutti i fedeli e in particolare "tutti i romani" a radunarsi in Piazza San Pietro per l'Angelus di domenica prossima, per dimostrare solidarietà al Papa, dopo l'annullamento della visita alla Sapienza a seguito delle proteste per la sua annunciata presenza. "Il Vicariato di Roma - si legge in un comunicato - ha seguito passo dopo passo, in stretta collaborazione con i competenti organi della Santa Sede, le tristi vicende che hanno costretto il Santo Padre a rinunciare alla visita all'Università 'La Sapienza', alla quale era stato da molto tempo invitato". "In questa circostanza, che colpisce tanto dolorosamente tutta la nostra città, la Chiesa di Roma esprime la sua filiale e totale vicinanza al proprio Vescovo, il Papa, e dà voce a quell'amore, a quella fiducia, a quell'ammirazione e gratitudine per Benedetto XVI che è nel cuore del popolo di Roma". "Per consentire a tutti di manifestare questi sentimenti - spiega il Cardinale Ruini, vicario del Papa per la diocesi di Roma - invito i fedeli, ma anche tutti i romani, ad essere presenti in Piazza San Pietro per la recita dell'Angelus di domenica prossima 20 gennaio. Sarà un gesto di affetto e di serenità, sarà espressione della gioia che proviamo nell'avere Benedetto XVI come nostro Vescovo e nostro Papa".
Fonte: Petrus

terça-feira, 15 de janeiro de 2008

Il Papa annulla la visita alla Sapienza - L'appello di Alleanza Nazionale: "Gli italiani in massa a San Pietro domenica all´Angelus"

CITTA’ DEL VATICANO - "Rivolgiamo un appello a tutti gli italiani, perche' domenica si rechino all'Angelus in Piazza San Pietro in massa, ovviamente senza alcuna insegna di parte o di partito, ma per far capire al Papa che non ci sono soltanto questo pugno di professori che rappresentano un grumo di vergogna per la nazione ma un popolo che crede nel grande messaggio della Chiesa e che ha un'altissima considerazione di Papa Benedetto XVI". Lo dicono Maurizio Gasparri, dell'Ufficio politico di An, Ignazio La Russa, presidente dei deputati di An, e Andrea Ronchi, portavoce del partito, in una nota congiunta. "La dolorosa decisione del Santo Padre di non recarsi all'universita' La Sapienza dopo l'inaudita campagna di intolleranza promossa da alcuni docenti - osservano - copre di vergogna l'intera nazione. Ma i cittadini, al di la' del loro credo religioso, devono far capire al Santo Padre che l'Italia non e' questa dell'intolleranza e della prepotenza, ma quella del rispetto delle idee e dei valori che piu' di ogni altra istituzione la Chiesa cattolica rappresenta". "La presenza di migliaia di italiani domenica in Piazza San Pietro - conclude la nota - dovra' rappresentare un atto di riparazione per i comportamenti inauditi di troppi che hanno seminato in questi giorni violenza".
Fonte: Petrus

CIENTISTAS E UNIVERSITÁRIOS COMO O ENDEMONIADO DA SINAGOGA DE CAFARNAUM: NÃO SUPORTAM O ENSINO DO PAPA COMO AQUELE NÃO SUPORTAVA O ENSINO DE JESUS

Benedetto XVI annulla la visita a ‘La Sapienza’ - Scienziati ed universitari come l’indemoniato della Sinagoga di Cafarnao

O PAPA VÍTIMA DO OBSCURANTISMO INTOLERANTE DO LAICISMO ITALIANO

PSEUDO-INTELECTUAIS DE ESQUERDA ITALIANOS COM MEDO DO PROF. RATZINGER
O Papa Bento XVI proferiria um discurso na inauguração do 705° Ano Acadêmico da Universidade Romana La Sapienza, fundato em 1303 pelo Papa Bonifácio VIII e ocupada pelos invasores de Roma em 1870, mas foi impedido pela censura da esquerda laicista italiana.

quarta-feira, 2 de janeiro de 2008

EXEMPLO VINDO DO PACÍFICO: BISPO, VIGÁRIO GERAL E SACERDOTES APRENDENDO A CELEBRAR O SANTO SACRIFÍCIO DA MISSA NA FORMA EXTRAORDINÁRIO DE RITO ROMANO

Bishop, vicar general, others learning Latin Mass
By Patrick Downes

Bishop Larry Silva and his vicar general Father Marc Alexander are among a handful of Hawaii clergy learning how to celebrate the Tridentine Mass, the Latin-language liturgy that predates the Second Vatican Council.
According to Sacred Hearts Father Christopher Keahi, the primary teacher of the sessions which are sponsored by the diocesan Office of Worship, the first class was Nov. 29 at St. Stephen Diocesan Center.
Father Keahi told the Hawaii Catholic Herald that the bishop would like at least one person on each island to be able to celebrate the older liturgy. The participants each received a training manual and a Latin-English booklet missal, and watched a video presentation.
Pope Benedict XVI relaxed the restrictions on the use of the Tridentine Mass in July. He said that the Mass celebrated according to the 1962 Roman Missal should be made available to groups of the faithful that desire it.
The new Roman Missal, introduced in 1970 and celebrated in the vernacular, remains the ordinary way of Catholic worship.
The Latin Mass is now celebrated once a week at Blessed Sacrament Parish in Honolulu by Marianist Father Francis Nakagawa. It has been celebrated continuously in Hawaii on a limited basis for about 15 years since it was permitted by Bishop Joseph A. Ferrario.
Father Keahi, who was ordained in 1965, said that the Tridentine rite was the first Mass he learned. However, after more than 40 years, he said he needed a little refreshing himself.
He said that his class should be competent in the Latin Mass after a few more months of training.
Fonte: Hawaii Catholic Herald

QUASE 3.000.000 DE FIÉIS NOS ENCONTROS COM O PAPA NO VATICANO EM 2007


Il 2007 con Benedetto XVI
Quasi 3 milioni di fedeli agli incontri in Vaticano
2.830.100
DA ROMA SALVATORE MAZZA
Oltre due milioni e ottocentomila sono stati, nell’anno solare appena trascorso, i fedeli e i pellegrini che hanno partecipato agli incontri pubblici con Benedetto XVI in Vaticano o nella residenza di Castel Gandolfo. Quasi quattrocentomila in meno rispetto al 2006, quando il dato globale aveva toccato 3.222.820 presenze, giustificato però dal minor numero sia di udienze generali (44 quest’anno contro le 45 del 2006) che di celebrazioni pubbliche (giornate, canonizzazioni, ecc.) e udienze speciali.
I dati, diffusi ieri come sempre alla fine dell’anno solare dalla Prefettura della Casa Pontificia, parlano di un’affluenza di 2.830.100 pellegrini agli incontri con il Papa . In particolare, 729.100 alle udienze generali del mercoledì, 209.000 alle udienze speciali, 442.000 alle celebrazioni e 1.450.000 agli Angelus domenicali e festivi. Nel 2006 erano stati, rispettivamente 1.031.500, 357.120, 539.200 e 1.295.000, ossia, in numeri assoluti, 392.720 in meno.
Una differenza apparente, che statisticamente si annulla tenendo conto, come detto, del minor numero di occasioni di incontro quest’anno rispetto al precedente; e che anzi si capovolge anche nei numeri assoluti ricordando che, a differenza del 2006, il più importante degli incontri pubblici, quello con i giovani, è avvenuto a Loreto, l’1 e 2 settembre scorsi, con il quasi mezzo milione di ragazze e ragazzi presenti all’Agorà promossa dalla Conferenza episcopale italiana.
Secondo i dati della Prefettura della Casa pontificia, nel dettaglio, il mese che quest’anno ha registrato la maggiore affluenza in assoluto di pellegrini è stato aprile, con 470.800 presenze (130.000, 800, 250.000 e 90.000, sempre secondo il medesimo ordine di ripartizione illustrato prima), seguito da dicembre (329.000). Lo stesso mese di aprile detiene anche i record parziali circa le presenze alle udienze generali e alle cerimonie liturgiche, mentre per le udienze speciali il record è stato invece toccato a marzo (92.000 presenze), e per gli Angelus in dicembre (260.000).
Quest’ultimo dato relativo alla preghiera mariana andrà comunque aggiornato, mancando al conto quello in programma oggi, che molto probabilmente – trattandosi dell’ultimo Angelus dell’anno, appuntamento tradizionalmente molto caro ai romani – spingerà il dato a sfiorare le 300.000 presenze complessive, ben oltre le 280.000 totali del 2006.
Per la cronaca, nel 2006 il record assoluto delle presenze era stato registrato a giugno. Il computo delle presenze, ultimo dato da sottolineare, viene fatto solo ed esclusivamente (ad eccezione degli Angelus) sulla base dei biglietti emessi dalla Prefettura della Casa pontificia per i singoli appuntamenti, senza tener conto delle presenze «estemporanee».
Le quali per altro, soprattutto in occasione delle udienze generali e delle cerimonie che si svolgono in piazza San Pietro, possono in alcune circostanze – per esempio per le canonizzazioni – raggiungere o addirittura superare le decine di migliaia.
Per gli Angelus invece si segue il criterio delle «sezioni»: ormai da anni infatti piazza San Pietro, nello spazio compreso tra l’inizio del sagrato e il confine del colonnato del Bernini, è idealmente suddivisa in sezioni, diverse dai «settori» transennati che si usano per udienze e cerimonie, e a seconda di quanti di essi sono di volta in volta occupati si conosce con ottima approssimazione il numero dei presenti.

Avvenire, 30 dicembre 2007

terça-feira, 1 de janeiro de 2008